sabato 23 gennaio 2010

Vietato accedere a pc aziendale con la propria password ma per scopi illegittimi

Pc aziendali blindati. Commette reato il dipendente che, pur avendo la password di accesso in funzione del suo ruolo, si introduca nelle macchine per raccogliere dati protetti per fini estranei a quelli dell’impresa.

Lo ha stabilito la Corte di cassazione con la sentenza del 22 gennaio 2010 secondo la quale

"integra il reato di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico la condotta del soggetto che, pur avendo titolo per accedere al sistema, vi si introduca con la password di servizio per raccogliere dati protetti per finalità estranee alle ragioni di istituto ed agli scopi sottostanti alla protezione dell'archivio informatico. Infatti, la norma di cui all'art. 615 ter c.p. non punisce soltanto l'abusivo accesso a sistema informatico (escluso dal possesso di titolo di legittimazione nell'agente), ma anche la condotta di chi vi si mantenga contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo. Di guisa che l'accesso da parte di chi vi sia abilitato per attingere dati protetti per finalità estranee alle ragioni di impiego ed alle finalità sottostanti alla protezione dell'archivio informatico sembra potenzialmente idoneo a configurare l'ipotesi incri minatrice, non rilevando a tal fine la mancata distruzione dell’archivio, poichè anche la mera duplicazione postulando una permanenza non autorizzata (nel senso sopra detto) dell'utente, costituisce la lesione al bene protetto”

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