venerdì 10 agosto 2007

Quando è lecito licenziare per abuso degli strumenti aziendali: quando gli SMS possono far male al dipendente

Licenziare un dipendete per abuso nell'utilizzo degli strumenti aziendali, come ad esempio il telefonino, si può!

Lo conferma la Corte di Cassazione in una sentenza che è stata oggetto di articoli e di fraintendimenti da parte di molti giornali che hanno pubblicato la notizia nelle scorse settimane.

Ecco come stanno realmente le cose.

Una recente sentenza della Corte di cassazione (9 luglio 2007 n. 15334), ha confermato la legittimità del licenziamento per giusta causa nei confronti di un lavoratore per l'utilizzo del telefono cellulare aziendale, da cui erano stati inviati migliaia di Sms, per fini personali. Nel caso giudicato, il lavoratore licenziato, dipendente da oltre trent'anni, si era difeso sostenendo che il cellulare era stato usato dal figlio, contro il quale il datore aveva presentato un esposto, costituendosi nei suoi confronti parte civile.


I giudici di legittimità hanno ritenuto corretta la sentenza d'appello, la quale, valutata la condotta del lavoratore sotto il profilo soggettivo (colpa per non aver adeguatamente sorvegliato sull'uso dello strumento aziendale fornitogli in dotazione o dolo) e oggettivo (il telefono aziendale era stato utilizzato per l'invio di un numero spropositato di Sms), nonché l'entità del danno arrecato all'azienda, aveva accertato che il comportamento sanzionato fosse stato tale da far venir meno la fiducia del datore di lavoro nell'operato del suo dipendente. Con questa pronuncia la Cassazione ha applicato all'uso della nuova tecnologia (Sms) principi che, in passato, aveva affermato in casi di indebito utilizzo di strumenti aziendali dati in dotazione ai dipendenti per ragioni di servizio e, in particolare, del telefono. Tutte le decisioni che hanno ritenuto legittimo il licenziamento di lavoratori che, senza essere autorizzati, avevano effettuato chiamate dal telefono aziendale per fini privati configurano questa condotta come inadempimento degli obblighi contrattuali, perchè esso viola i principi di fedeltà, diligenza, correttezza e buona fede, che devono improntare il rapporto di lavoro.

In una delle prime pronunce sul tema, la Cassazione si era occupata dell'uso privato del telefono aziendale da parte di una lavoratrice, addetta al magazzino, che, sottratta al controllo dei propri superiori perchè la sua postazione di lavoro era defilata, aveva effettuato, con abitualità, un gran numero di telefonate interurbane a parenti, di durata considerevole. Il comportamento della lavoratrice era stato ritenuto particolarmente censurabile, perchè, nella fattispecie, l'azienda già tollerava un uso limitato del telefono aziendale per ragioni personali (Cassazione n. 3386/1999).

In tempi più recenti, le corti di merito hanno giudicato passibili di licenziamento altri casi di abuso del telefono aziendale per fini privati. Per esempio, nel caso dell'impiegato, con mansioni di custode notturno, che aveva effettuato dai telefoni dell'azienda numerose e lunghe telefonate a servizi a pagamento di cartomanzia ( tribunale di Milano 17 dicembre 2004). Nella fattispecie, la responsabilità del dipendente è stata ritenuta aggravata dalle mansioni di fiducia da lui ricoperte.
In altra occasione, è stato assimilato all'appropriazione di beni aziendali il comportamento di un lavoratore che usava il telefono aziendale per effettuare telefonate al proprio numero di cellulare, per "ricaricare" credito sulla propria utenza (tribunale di Bari, 3 ottobre 2005).

Anche l'invio, non consentito, di Sms dal cellulare aziendale è stato oggetto – oltre che della recente sentenza della Suprema corte – anche di altre decisioni di merito. Tra queste, vi è il caso di un gruppo di dipendenti che aveva utilizzato il telefono portatile, in dotazione esclusiva per ragioni di lavoro, per inviare migliaia di Sms a numeri per i quali era tecnicamente preclusa solo la chiamata vocale (tribunale di Roma 16 febbraio 2005). I lavoratori si erano difesi sostenendo che il loro comportamento era giustificato dal mancato blocco del servizio di messaggeria – come invece avveniva per le chiamate vocali – e dalla prassi esistente in azienda di tolleranza dell'invio di Sms. Il tribunale ha disatteso la tesi, rilevando che, quand'anche sussistente un margine di tolleranza, nella fattispecie era stata superata, in termini di ragionevolezza, ogni prassi consentita.

Se usare, senza autorizzazione, il telefono aziendale fuori dall'orario di lavoro può portare al licenziamento, a maggior ragione questo può verificarsi quando tale strumento venga indebitamente utilizzato durante l'orario lavorativo. E, in effetti, in tale ultima ipotesi non vi sono dubbi sulla gravità del comportamento del dipendente: chi telefona per fatti privati durante l'orario lavorativo sottrae tempo al lavoro, rendendosi inadempiente al suo precipuo obbligo contrattuale di rendere la prestazione oggetto del contratto di lavoro. In termini, ha recentemente giudicato il tribunale di Milano (10 ottobre 2006) sul caso di un dipendente licenziato perchè aveva utilizzato il cellulare aziendale per inviare, in maniera sistematica e abnorme (di giorno durante il lavoro e pure di notte) Sms di natura privata, nonchè per "giocare" (scaricava loghi e suonerie e utilizzava un servizio di giochi a pagamento). La condotta è stata ritenuta sanzionabile con il licenziamento, non solo perchè il dipendente aveva fatto un uso non consentito dello strumento aziendale, ma soprattutto perchè aveva sottratto tempo alla prestazione lavorativa, dedicando oltre mezz'ora al giorno (con picchi di quasi due ore) all'invio di messaggi, sicchè le continue interruzioni dell'attività, senza dubbio, avevano inciso sulla qualità della prestazione medesima in termini di attenzione e disponibilità.

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